Manuale pre-elettorale del Politicans Occidentalis Italicus (ibuc 2013)
Con il passare degli anni la frattura fra quella che ormai viene denominata “la casta” e i comuni cittadini si è venuta così tanto ad accentuare da mettere in dubbio i pilastri stessi della democrazia. L’incertezza e la sfiducia sulle possibili alternative di governabilità, ha portato il Politicans Occidentalis Italicus, ovvero l’italiano civicamente impegnato, sulla soglia della sua estinzione. Ma verso quale futuro potrebbe condurre l’Italia il crescente astensionismo degli elettori, nonostante sembri apparentemente l’unica forma di protesta possibile?
La risposta sta nella stessa storia del pensiero democratico occidentale e della politica di partecipazione che dimostra, sin dagli albori, come sia illusorio e pericoloso credere di poter vivere senza fare politica e di negare quindi l’importanza che questa assume nella vita quotidiana.
Un viaggio quindi che parte dalla nascita del pensiero filosofico politico dell’antica Grecia di Aristotele e Platone, attraversa la Repubblica Romana con i suoi esempi di partecipazione alle assemblee cittadine e sfocia nel pensiero di filosofi, politici, sociologi, statisti, da Hobbes, Locke e Rosseau fino ad arrivare alle teorie di Cassano e Bobbio e alle attuali aggregazioni politiche dei partiti, liste civiche, associazioni.
Tutto ciò non è però un percorso lineare quanto un susseguirsi di continui salti temporali fra passato e presente, alternando la spiegazione dei passi più salienti di questi illustri personaggi con esempi di vita concreta dell’uomo moderno.
Il filo conduttore è l’attrazione dell’uomo verso la politica, dettata dall’esigenza della collettività di gestire insieme il bene comune e ciò ha permesso che il desiderio di chi vuole ancora credere in qualche cosa non si assopisca del tutto.
Il Politicans Occidentalis Italicus ha quindi resistito ai tiranni del passato, al crollo della Prima Repubblica e a tangentopoli, al fallimento del bipolarismo, alla morte della politica della condivisione, al susseguirsi di leggi elettorali e di referendum inutili, alla sempre più accentuata divisione fra nord e sud della penisola e alla crisi economica.
Ma riuscirà a sopravvivere alla fine della Seconda Repubblica?
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